Sabato 9
aprile, 2005 |
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l'accusa di Giovanni
paolo II ai grandi
di Angelo Persichilli
(English Version)
CORRIERE CANADESE
Li ho cercati e sono venuti,
sono state le ultime parole del Pontefice morente. Si riferiva ai giovani.
Ma non sono andati solo loro. Sono andati in tanti, giovani, vecchi, uomini,
donne e bambini, persone di tutte le razze, credo o colore. Sono andati
rivoluzionari e reazionari, conservatori, comunisti e anticomunisti. Ieri
Piazza S. Pietro era veramente le Nazioni Unite dell'umanità, non quella dei
capi, ma della gente commune, degli umili. Insomma, quella vera.
Certo, c'erano anche i grandi. Ma erano lì per
ascoltare, non per parlare. Erano lì per ascoltare il discorso di un Gigante
morto che parlava attraverso la presenza di tre milioni di persone accorse a
Roma da ogni angolo della terra.
La loro presenza è il più significativo atto di accusa
contro una classe politica mondiale incapace di fare il suo dovere, cioè
assicurare pace e giustizia ai popoli del mondo. È difficile, dicono alcuni,
è impossibile ribattono gli altri. Sono stati smentiti dall'assordante
silenzio di una presenza composta ma oceanica di persone venute a Roma per
onorare lo Scomparso, e per accusare di incapacità manifesta quelli che sono
rimasti. Sono venuti per mostrare il loro rispetto per una persona con la
quale non tutti erano d'accordo su tutte le posizioni prese, ma ne
condividevano il suo desiderio di pace.Tutti i nostri leader, chi in buona,
chi in mala fede, parlano di pace, ma la realtà è che essi fanno la Guerra.
Predicano amore, ma seminano odio. Con la loro presenza, tre milioni di
persone hanno detto ai "potenti" che il problema tra la pace e l'utopia non
sono le differenze religiose, razziali o del colore della pelle. Si tratta
delle ambizioni e avidità di pochi, molti dei quali seduti nelle prime file
ai funerali di ieri, contro gli interessi di tanti, della massa.
Ma sono andati tutti. Persone che credono nel nostro
Dio, in un altro Dio o in nessun Dio; è andato il musulmano Khatami, il
metodista Bush. Solo la salute ha impedito all'ateo Fidel Castro di essere
presente. Tutti presenti in segno di rispetto per una persona che non
cercava di ignorare le differenze, ma esaltava al massimo ciò che unisce,
cercava la pace e combatteva la Guerra, condannava l'odio e promuoveva
l'amore.
Una persona che non nascondeva i suoi principi, li promoveva,
senza demonizzare chi la pensava in un modo differente da lui.
L'ho visto da vivo e da morto ma non ho mai avuto l'onore di
parlare con lui. Ma tutti quelli che lo hanno incontrato, statisti o gente
comune, hanno tutti detto la stessa cosa: Giovanni Paolo Secondo metteva il
rispetto per l'individuo davanti a qualsiasi altro interesse. «Mi sono
subito sentito a mio agio di fronte a lui», mi disse l'ex sindaco di Toronto
Mel Lastman. Perché, chiesi. «Perché mi sono sentito amato, non giudicato».
In molto dicono di trovare difficile definire Giovanni Paolo II, certamente
amato ma, dicono, pieno di contraddizioni.
Credo comunque che le contraddizioni riguardino più il
nostro metro tradizionale per giudicare un individuo. Per noi esistono le
ideologie, le razze, i colori della pelle.
Papa Wojtila era "capitalista" quando accelerò la
caduta del comunismo; fu poi definito "comunista" quando andò da Fidel
Castro. Era "progressista" quando oppose la Guerra in Iraq di George Bush,
ma ritornava "conservatore" quando, come Bush si opponeva al matromonio tra
persone dello stesso esso ed era contro l'aborto. Ritorna di sinistra quando
appoggia i movimenti anti-povertà in Africa e nel Centro-Sud America, ma
ritorna sotto attacco quando si oppone al sacerdozio delle donne. Un Papa
per la pace, senza essere un pacifista.
Credo che il Pontefice fosse un passo avanti a noi,
ancora intrappolati dalla logica dei blocchi. La realtà è che Giovanni Paolo
II aveva una sola ideologia: la difesa dell'essere umano. Egli combatté
contro il nazismo, il fascismo ed anche il comunismo. Ha cercato invece il
dialogo con i musulmani, gli ebrei e guardava alla Cina. Non per conquistare,
ma per capire.
Govanni Paolo Secondo non amava il comunismo, una
ideologia che predica giustizia a scapito della libertà. Ma non amava
nemmeno il capialismo, ideologia che predica libertà ma trascura la
giustizia. Egli era convinto che non c'è libertà senza giustizia, e non c'è
giustizia senza libertà. Ha viaggiato in tutti gli angoli della terra in
cerca di queste due cose: libertà e giustizia, ma soprattutto in cerca della
dignità umana, dell'individuo. Ne ha trovati tanti, molti sono venuti a Roma
per onora l'uomo che ci ha insegnato che la pace non è solo un espediente
politico per racimolare voti. È un fatto di vita. Lui se ne è andato, ma il
suo insegnamento rimane. |