Martedi 3 maggio, 2005 | BACK | NEXT

"ecco come cambia il multiculturalismo"
Intervista al primo ministro Paul martin

di
Angelo Persichilli
CORRIERE CANADESE

Il primo ministro Paul Martin incontrerà il premier dell'Ontario Dalton McGuinty alla fine di questa settimana per cercare di risolvere la grossa disputa economica tra i due livelli di governo. Lo ha dichiarato lo stesso primo ministro Martin al Corriere Canadese nel corso di una intervista nel suo ufficio parlamentare.
Il primo ministro ha tenuto a sottolineare il suo impegno nella risoluzione dei problemi con Queen's Park e ha poi parlato della «nuova fase cruciale ed eccitante della politica multiculturale» nel mondo. Non ultimo, dell'accordo con l'Ndp.
Sulla prospettiva di elezioni anticipate, Martin ha confermato che «tutto è nelle mani di Harper e del Bloc» e ha quindi difeso l'intesa con Layton: un passo che ha in pratica accelerato una serie di programmi governativi già in serbo.
Ecco il testo integrale dell'intervista.

Mr. Martin, incontrera' il premier dell'Ontario Dalton McGuinty?
"Si"
Quando?
«È previsto per la fine di questa settimana. Abbiamo già chiarito telefonicamente alcune cose per definire una sorta di "agenda". Ci sono molte questioni tra l'Ontario e Ottawa da discutere. Tra queste, mi preme definire dei progressi nel settore dell'Immigrazione o la cosiddetta "East-West power grid" oltre ad importanti questioni di carattere economico e sociale».
Parliamo dell'accordo con l'Ndp: se e così "buono" per il Canada, perché non l'avete fatto prima, ad esempio in occasione della presentazione del bilancio?
«La base dell'accordo, quella in particolare che prevede nuovi capitoli di spesa, riguarda iniziative che facevano già parte da tempo dei nostri programmi. In pratica abbiamo solo accelerato la loro attuazione. Abbiamo sempre preparato i nostri bilanci in questo modo. E capita anche che l'anno successivo ti domandi perché non hai fatto la stessa cosa o hai seguito certe linee e così via. La realtà è che uno costruisce la base su cui lavorare e si va avanti. In questo caso specifico non abbiamo fatto altro che spingere sui tempi dell'annuncio di programmi che avevamo già definito».
Come giudica la reazione del ministro delle Finanze Ralph Goodale?
«Mr. Goodale ha partecipato a tutte le discussioni. Non era fisicamente nella stessa stanza quando Tony Valeri negoziava con Libbie Davis, ma veniva costantemente tenuto informato di tutto al telefono».
Decisamente c'è una certa differenza tra questo e il precedente governo. Una differenza basata, tra l'altro, sul tipo di rapporto che si è creato tra lei e il ministro delle Finanze Ralph Goodale. Se il primo ministro fosse stato ancora Jean Chrétien e lei ricoprisse ancora la carica di ministro delle Finanze, una manovra simile avrebbe avuto successo?
«Credo proprio di sì, ognuno di noi sa adeguarsi alle circostanze. Non dimentichiamoci, tra l'altro, che questo è un governo di minoranza: un elemento da non sottovalutare e che gioca un ruolo molto importante. Questo di cui stiamo parlando è un accordo simile a quello che Pierre Trudeau siglò con Ed Broadbent all'inizio degli anni '70. Un tipo di accordo che funziona in molti governi europei, dove gli esecutivi di minoranza sono la regola più che l'eccezione. All'inizio eravamo tutti d'accordo sul fatto che avremmo fatto il possibile per far funzionare questo governo. Anche i conservatori. Gli unici fuori dal coro erano quelli del Bloc Quebecois. I conservatori hanno poi deciso di unirsi al Bloc, al contrario l'Ndp ha voluto continuare a cooperare per far funzionare il Parlamento. In un governo di minoranza devi trovare un accordo con i partiti di opposizione, come succede in qualsiasi Paese. Nel nostro caso, l'accordo raggiunto ci ha permesso di avere un bilancio molto popolare e, nel contempo, ci ha spianato la strada per la sua approvazione. Il bilancio elaborato da Ralph Goodale è uno dei più popolari che abbiamo mai visto negli ultimi 10 anni e noi siamo decisi a vederlo approvato. Torno quindi a ripetere che quello che abbiamo fatto finora è stato solo un colpo di acceleratore su alcuni annunci che erano già previsti. E non posso che ritenermi soddisfatto».
Considerando la situazione, ritiene che avrebbe potuto fare qualche altra manovra per evitare i problemi attuali?
«No, non credo. I conservatori ci avevano assicurato la loro cooperazione per l'andamento del Parlamento e noi ci contavamo. Stessa promessa dell'Ndp. Ma conservatori e Ndp hanno visioni talmente diverse. Noi abbiamo anche cercato di trovare un ago della bilancia. Ma tutto è cambiato quando i conservatori hanno detto che non intendevano più cooperare con noi».
Lei ha raggiunto un accordo tra liberali e Ndp: perché i conservatori dovrebbero appoggiarlo?
«Credo che il problema del sostegno o meno al bilancio non debba essere legato al desiderio di qualcuno di avere o meno una elezione. I canadesi, tra l'altro, in questo momento sono contrari ad andare alle urne».
Ma perché dovrebbero darle il loro sostegno?
«Se, come dicono, credono nella creazione degli asili nido, nei finanziamenti alle municipalità per migliorare le infrastrutture, nella difesa dell'ambiente, nel multiculturalismo e nell'immigrazione che vuole accelerare il riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all'estero, credo che queste dovrebbero essere delle valide ragioni per appoggiare questo bilancio».
Come già le ho chiesto la scorsa settimana, il multiculturalismo sembra essere, secondo tutti i politici, una iniziativa molto importante: ma i contributi governativi non confermano certe affermazioni. Come mai?
«Non bisogna prendere in considerazione solamente i soldi spesi direttamente attraverso il ministero del multiculturalismo. Spendiamo soldi per il multiculturalismo anche attraverso altri programmi. Ma c'è un altro punto da sottolineare: il multiculturalismo ha attraversato molte fasi, attualmente ci troviamo nella fase più importante di questo sviluppo ricco di sfaccettature».
Cerchiamo di esaminarle.
«Innanzitutto bisogna dire che è un arricchimento inestimabile per la nostra identità nazionale. Una volta si discuteva molto sull'identità nazionale in Canada. Ora i canadesi non dibattono più questo punto e sono molto fiduciosi sulla loro entità che fa del Canada la prima nazione moderna del dopoguerra. Grazie proprio a questa nostra entità multiculturale. Il secondo punto da sottolineare riguarda la globalizzazione, che sta entrando in una nuova fase nel mondo. Storicamente la globalizzazione veniva identificata con l'Europa occidentale e con gli Stati Uniti che si espandevano in continuazione e ovunque. Oggi non è più così. La globalizzazione è anche l'Asia che si espande, l'Europa che si è unita, è un concetto completamente differente. Credo che la natura multiculturale del Canada, in termini di sviluppo economico ed anche culturale ha contribuito molto alla crescita del nostro Paese. Il multicultu-ralismo non è un qualcosa da mettere alla finestra e guardare, è un valore della nostra cultura da difendere e di cui dobbiamo andarne fieri. Qualcosa che deve farci dire al mondo: "guardate cosa si può fare insieme, vedete chi siamo". Ecco perché credo che il multiculturalismo cambierà, si evolverà con i tempi ed ora siamo nella fase più interessante di questo sviluppo».
Tornando all'evolversi della situazione politica: quando avremo altre nomine al Senato?

«Abbiamo già fatto alcune nomine. Ma ce ne saranno altre».
A breve scadenza?
"Ci saranno...quando ci saranno".
Crede che queste nomine potranno evitare le elezioni anticipate?
«Sinceramente non lo so. Questo dipende da Stephen Harper e da Gilles Duceppe. So solo una cosa e la ripeto: i canadesi non vogliono andare alle elezione e vogliono vedere questo bilancio approvato. Non riesco a capire come i conservatori e il Bloc possano votare contro un bilancio che difende gli asili nido, l'ambiente e tanti altri programmi. Inoltre sono convinto che i canadesi, prima di pensare ad andare di nuovo al voto, siano più che mai decisi ad aspettare le conclusioni del giudice Gomery sulle sponsorizzazioni».
Quando ha autorizzato l'inchiesta Gomery, aveva previsto tutte queste rivelazioni?
«No. Sapevo solo che un'inchiesta pubblica inevitabilmente avrebbe provocato scossoni al governo in carica. Certo, potevo scegliere di evitare tutto questo, ma sono convinto di aver fatto la cosa giusta per tutti i canadesi. La verità deve sempre venire fuori a tutti i costi e soprattutto deve essere messa avanti alle ambizioni dei singoli personaggi».
È sorpreso da queste rivelazioni?
«Certamente. Ma sono anche sorpreso dalle contraddizioni che emergono dalle testimonianze dei vari personaggi che stanno sfilando davanti al giudice. Si contraddicono spesso tra di loro, ma anche nelle loro stesse dichiarazioni. Alcuni cambiano da un giorno all'altro».

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