Sabato 29 Gennaio, 2005 | BACK | NEXT

Alcune domande al ministro volpe

di Angelo Persichilli
CORRIERE CANADESE      (English Version)

La democrazia costa, ma non giustifica sprechi. Spreco di soldi, tempo e risorse umane. Gli eventi che hanno visto protagonista Harjit Singh, alle prese da 17 anni col sistema legale canadese, dimostrano come i problemi di una politica di immigrazione caotica e un sistema giudiziario pieno di ideali ma non pratico possono essere legittimamente usati da persone che hanno soldi per poter pagare gli avvocati.

È stata portata alla mia attenzione una lettera che qualcuno ha spedito lo scorso anno ad un giornale di Toronto. Nella lettera scrive di «trovare interessante, ma anche irritante, che il governo federale dia a ogni rifugiato in Canada un contributo mensile di 1.890 dollari e con la possibilità di ottenerne altri $580 per l'assistenza sociale. In totale 2.470 dollari al mese». Il lettore rileva inoltre che «un pensionato che ha contribuito alla crescita e lo sviluppo del Canada per 40 o 50 anni ottiene una pensione massima di 1.012 dollari».

Lo stesso lettore fa un suggerimento provocatorio (ma non tanto): «Forse i nostri pensionati farebbero bene a fare domanda di rifugiati».

Non so se questo vale anche per Harjit Singh, comunque alcune considerazioni sono d'obbligo. Ad esempio, quanto ha speso Singh in 17 anni per la sua difesa legale? Ha pagato lui? Se la risposta, come presumo, è positiva, mi chiedo: se non li avesse avuti, avrebbe pagato per lui il Legal Aid? Se la risposta è negativa, significa allora che la legge canadese da la possibilità di appello solo a chi ha i soldi? Sono domande che dovrebbero farci pensare.

A parte questo, comunque, quanti soldi ha speso il governo canadese per rispondere alle iniziative legali di Singh per 17 anni? Quanti funzionari sono stati impegnati? A quanti avvocati ha dovuto far ricorso il governo per rispondere alle sue richieste?

Come ho detto all'inizio, la democrazia costa, ma la vera democrazia e la vera giustizia impiegano meno di 16-17 anni per dare una risposta.

Rivolgo quindi alcune domande al ministro dell'Immigrazione, l'on. Joe Volpe. Quanti sono i rifugiati in Canada? Quanto tempo impiega il sistema burocratico-legale canadese per dare una risposta? Quanti soldi Ottawa spende per disbrigare queste pratiche?  Non ho alcuna cifra certa, comunque alcune fonti mi dicono che il ministero dell'Immigrazione spende miliardi, ripeto, miliardi di dollari per seguire tutte queste pratiche legali. Chiedo ancora al ministro dell'Immigrazione, accorciando i tempi entro limiti accettabili, quanti soldi può risparmiare il governo, che può costruire più ospedali, ed anche il rifugiato che investe forse i migliori anni della sua vita in un braccio di ferro che si conclude con la sconfitta di tutti?

L'ex ministro dell'Immigrazione Judy Sgro disse qualche mese fa al Corriere che in un anno circa 3000 domande di rifugiati politici arrivarono solo da Costa Rica: di queste una sola fu accolta.

Ma come è possibile una cosa simile? Proviamo ad indovinare.

Qualcuno arriva in Canada come turista, subito dopo chiede asilo politico e quindi cade sotto la protezione della Carta dei Diritti e delle Libertà. Da quel momento inizia la battaglia legale che si trascina per anni. Nel frattempo la persona viene raggiunta dai familiari, comincia a lavorare, si inseriscono nella società. I figli, a volte nati in Canada, vanno a scuola. Quindi arriva la risposta negativa. Nessun problema.

Ed inizia un'altra prassi: quella del caso umanitario. Come è possibile che una famiglia, i cui figli sono nati in Canada, che lavorano onestamente e producono, devono essere sradicati e mandati via? La battaglia legale ricomincia e passano altri anni. Alcuni, ottenuta la risposta negativa, se ne vanno, altri continuano la battaglia attraverso la stampa con le telecamere all'aeroporto a riprendere le immagini di persone oneste che sono deportate per poi mostrarle a noi facendoci sentire degli insensibili idioti.

Insensibili non credo, idioti si. Dopo che spendiamo miliardi di dollari ci accorgiamo che non siamo riusciti a fare né il bene del Canada, né dei contribuenti canadesi, né delle famiglie costrette ad andarsene. E questa è la parte più triste dell'intera vicenda.

Ma, ci chiediamo, perché queste persone (e non mi riferisco certamente al rifugiato vero che c'è e bisogna aiutare), non seguono la via regolare della domanda per ottenere il visto, come si faceva una volta di "landed immigrant" invece di cercare di aggirare il sistema? Tra l'altro il Canada ha bisogno di altre persone che dovranno aiutarci a pagare per i servizi sociali che occorreranno negli anni futuri.

 Purtroppo la risposta va cercata nel sistema dell'immigrazione canadese che si trova nel caos più completo. Non abbiamo una politica per scegliere chi sono le persone che occorrono al Canada e ci riempiamo solo la bocca con frasi fatte. Ci dicono che dobbiamo attirare in Canada «the best and the brightest", gente istruita. Ma quando quei pochi che riescono a superare gli ostacoli giungono in Canada non sappiamo come utilizzarli e così abbiamo i medici che fanno i macellai e ingegneri che guidano i taxi.

E questi sono, si fa per dire, i più fortunati. Molte delle persone che vogliono emigrare in Canada devono andare attraverso un sistema di punti che sembra essere stato preparato da qualche produttore di Jeopardy. Mi è stato detto, ad esempio, che se un muratore vuole venire dal Portogallo con la famiglia, se non parla inglese o francese, viene penalizzato con i punti tanto che, per compensare tale perdita, la moglie deve avere almeno il premio nobel per la letteratura.

Nel frattempo le persone migliori che vogliono emigrare, vanno verso altri Paesi, chi vuole immigrare in Canada diventa turista-rifugiato.

Quindi ho alcune domande al nuovo ministro dell'Immigrazione Joe Volpe: quanti sono i rifugiati in Canada? Quanti sono coloro che chiedono di essere landed immigrant? Quanti soldi il Canada spende ogni anno per sostenere questo sistema che non funziona? Qual è il programma per eliminare questo caos?

Ho molta stima nelle capacità dell'on. Volpe, e non credo abbia bisogno dei miei consigli. Solo un suggerimento: durante la prossima campagna elettorale, non fornisca pizza ai suoi volontari.

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