Giovedi' 4 Novembre, 2004 | BACK | NEXT

E' il terrorismo, stupido!

di Angelo Persichilli
CORRIERE CANADESE      (English Version)

It's the economy, stupid». Questa frase, coniata dal famoso stratega democratico James Carville, fu la chiave della vittoria di Bill Clinton su George Bush Sr. nelle presidenziali del 1992. Gli strateghi democratici di John Kerry pensavano di ripetere lo stesso cliché, ma non hanno capito che la musica era cambiata: «It's terrorism, stupid».
In effetti l'economia è stata sempre la causa determinante del risultato nelle presidenziali negli Usa. Si racconta che l'ex presidente F.D. Roosevelt disse una volta: «All'americano mettigli qualche dollaro in tasca ed è disposto a giurare di non aver mai sentito parlare di Marx, di Hitler, di Mussolini e nemmeno di Gesù Cristo».

      Questo non lo capì il padre dell'attuale presidente Bush, George Sr., che credette di poter tornare alla Casa Bianca nel '92 sfruttando gli allori della guerra nel Golfo del 1990. Carville invece capì che gli americani avevano già messo alle spalle gli eventi iracheni ed erano preoccupati dell'economia. Ci trovavamo nel mezzo della lunga recessione degli inizi anni '90.
      Gli organizzatori della campagna di John Kerry hanno creduto, soprattutto all'inizio, di poter sconfiggere George Bush ricordando agli americani il milione di posti di lavoro che si sono persi durante gli ultimi 4 anni della presidenza repubblicana. Inoltre, hanno pensato i democratici, i cittadini sono stanchi delle stragi in Iraq, una guerra "inventata" da Bush e che vede ogni giorno sangue di giovani americani sparso nelle strade di Baghdad.

      Per Kerry, insomma, gli elettori erano pronti per cambiare e sbarazzarsi del presidente cowboy. In questo, ovviamente, aveva ragione. Quello che invece Kerry non ha capito è che gli americani non approvavano i metodi di lotta di Bush contro il terrorismo, ma ritenevano comunque il terrorismo il tema principale della campagna. Gli americani accusano Bush non di avere scatenato una guerra per combattere il terrorismo, ma di non essere stato in grado di vincerla. Kerry invece basava la campagna elettorale ancora sullo slogan di James Carville: "It's the economy, stupid!".

      Per Kerry, insomma, gli elettori erano pronti per cambiare e sbarazzarsi del presidente cowboy. In questo, ovviamente, aveva ragione. Quello che invece Kerry non ha capito è che gli americani non approvavano i metodi di lotta di Bush contro il terrorismo, ma ritenevano comunque il terrorismo il tema principale della campagna. Gli americani accusano Bush non di avere scatenato una guerra per combattere il terrorismo, ma di non essere stato in grado di vincerla. Kerry invece basava la campagna elettorale ancora sullo slogan di James Carville: «It's the economy, stupid!».

      Questo era vero nel 1992, non è più vero nel 2004. Eliminato quindi Bush dall'equazione, le "issue" di fronte agli americani sono rimaste due: la sicurezza nazionale e John Kerry. Non hanno impiegato molto tempo per concludere, a torto o a ragione, che le due non combaciavano.

      Se non si capisce il drammatico cambiamento nelle mentalità degli americani, non si possono spiegare dei risultati che, con il metro tradizionale, sembrano assurdi.

      Prendiamo l'Ohio, lo Stato che ha praticamente riconsegnato la Casa Bianca a George Bush. Uno Stato colpito da una gravissima crisi economica con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ho visitato Columbus e Cleveland in piena campagna elettorale: le critiche contro il presidente Bush erano feroci. Uno Stato che avrebbe dovuto votare a valanga per Kerry ha invece, anche se di misura, riconfermato la fiducia a Bush.

      Certo, l'elettorato è praticamente diviso a metà con 58 milioni per Bush e 54,5 per Kerry. Ma tale risultato si è avuto nonostante l'avversione di moltissimi americani contro un presidente che guida la nazione in una sanguinosa e costosissima guerra e che in quattro anni ha distrutto un milione di posti di lavoro. La cosa eccezionale è che questo presidente non solo non perde voti rispetto al 2000, ma aumenta i suffragi.

      Questo dimostra il profondo cambiamento avvenuto nella popolazione e che all'estero non si riesce a capire e, ovviamente, a giustificare. L'11 settembre ha cambiato per sempre gli americani, un popolo che ha combattuto molte guerre, ma sempre all'estero. Hanno pagato il loro contributo per difendere la pace e la democrazia lottando contro dittatori come Hitler, ma non hanno mai accettato interferenze di qualsiasi tipo nel loro emisfero. Dal momento dell'applicazione della Monroe Doctrine nel 1823, gli americani hanno difeso strenuamente il loro territorio allargando questa morbosa protezione anche agli Stati del Centro-Sud America. È stata questa filosofia che li fa sentire quasi padroni nell'intero continente americano ed è stata questa teoria che ha spinto l'ex presidente John Kennedy a sfidare Nikita Kruscev a Cuba.

      L'11 settembre questo è cambiato, bin Laden ha portato la guerra nel cuore dell'America, New York. Ok, è una guerriglia, ma l'effetto è lo stesso. Gli americani non hanno paura dei terroristi, sono disposti a combatterli in tutto il mondo: non sono in grado di accettare l'idea di averli in casa. È per loro una sensazione tremenda: non si sentono più sicuri al supermercato, in ufficio, in ascensore. Questo George Bush l'ha capito, John Kerry no. Hanno fatto la scelta giusta?

      Non sono rimasto per nulla impressionato dal candidato democratico Kerry, ma sono anche convinto che Bush non è la risposta alle preoccupazioni degli americani.Se non altro perché con l'esercito si vincono le guerre, ma il terrorismo si combatte con la politica.
Certamente non quella di Bush.

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