Lunedi 10 marzo, 2003 | BACK | NEXT

CANDIDIAMO PIPPO BAUDO

di Angelo Persichilli
CORRIERE CANADESE       (English Version)

Che anno interessante e pieno di sorprese sarà il 2003 per la politica canadese! Vi sono elezioni provinciali un po’ ovunque, le elezioni municipali e poi, cambi di leadership a livello federale che promettono scintille.

Avvenimenti indubbiamente interessanti, certamente fasulli, ipocriti. Per avere una idea di questo sarebbe bastato partecipare al fundraiser liberale provinciasle della scorsa settimana, il cosiddetto Heritage Dinner.

Tante piccole realtà avevano formato un incrocio dove sentimenti reali erano costretti a mescolarsi con una realtà immaginaria creando un’atmosfera irrerale ma dall’apparenza perfetta. Ma era proprio questa perfezione che tradiva questo quadro artificialmente reale: la perfezione esiste solo nella realtà di Walt Disney, nella realtà di tutti i giorni la perfezione non esiste.

 A creare questa atmosfera irreale, dove la tecnologia si mescolava col grandioso scenario che l’adunata offrica, contribuiva moltissimo anche la struttura dello Sheraton, soprattutto quelle imponenti scale mobili che di depositavano, dall’alto, in mezzo a questa folla formicolante. L’ingresso delle varie star era ancora più spettacolare: la gente guardava dal basso l’ingresso dei nuovi personaggi col le braccia in avanti pronte per abbracciare e farsi abbracciare. A prescindere dalla persona che si presentava di fronte: il sorriso cmputerizzato stampato sul volto era lo stesso.

Non fraintendetemi, vi sono moltissime persone oneste e che lavorano duramente nel mondo politico. Il problema è che prevale ormai il sillogismo che la percezione è realtà e l’unica realtà è quella manipolata, modellata a seconda delle circostanze, non rispettando i sentimenti della persone che si accinge ad abbracciare o ad essere abbracciata. Interessi federali, provinciali, comunali, tutti mescolati in un calderone politico-sociale generando una entità complessa, fatta di tante piccole realtà che, messe insieme, producevano un quadro che con la realtà aveva poco a che fare. Il particolare era genuino, ma il tutto era irreale, come un vaso cinese fatto a pezzi e rimesso insieme con la “crazy gloe”.

Ho visto gli ex amici, ex nemici, ex componenti del Rat Pack come Sheila Copps e John Nunziata abbracciarsi, ho visto l’ndippina Barbara Hall con i suoi nuovi amici liberali, ho visto il conservatore John Tory, candidato alla carica di sindaco di Toronto, familiarizzare col liberale Paul Martin candidato alla successione di Chrétien. Ovunque sorrisi ed abbraccio, ma il disagio si poteva affettare col coltello.

Persone intelligenti, oneste che comunque, come gli attori, interpretavano un ruolo assegnato loro da invisibili registi che li manipolano li “impacchettano” e li caricano di sorrisi computerizzati e convenevoli ripetuti più o meno a tutti coloro che hanno di fronte. Ti guardano fisso negli occhi con lo stesso interesse con cui una telecamera piazzata all’ingresso di un supermercato assiste all’entrata di un nuovo cliente.

L’ordine perentorio ricevuto è uno solo: qualunque cosa succede, sorridi, quindi sorridi ed infine sorridi ancora. Si può quasi ascoltare il battibecco tra il cuore, che si rifiuta di sorridere, ed il cercello che ordina il contrario.

Il cuore: “Ma chi è questo stronzo di fronte a me che crede di darmi lezioni?”
Il cervello: “Zitto e sorridi. Questo vale oltre 150 voti”.
Vince, ovviamente, il cervello: “Ciao. Da quanto tempo non ci vediamo. Dobbiamo vederci a pranzo al più presto”.

Intanto lo sguardo si è spostato sul prossimo “amico” del quale non ci si ricorda il nome. Avanti il prossimo, lo show continua.

L’unico personaggio che vidi completamente a suo agio fu l’ex premier dell’Ontario David Peterson. Sorridente, spontaneo e amichevole. Era genuino. Era il comportamento felice di una persona che è stata investita da un treno, gravemente ferito e sul punto di morte è tornato in vita. Lui, contrariamente all’ex premier Bob Rae, è uscito dallo scontro quasi indenne ed è ora lo stesso Peterson che era quando, nel 1982, diventò il leader del partito. David Peterson ora sa la verità, e lui sa che alcuno tra quelli che lo circondano, sarà presto investito dal treno. Volevo chiedergli chi pensava fosse la prossima vittima; purtroppo era circondato da moltissimi ospiti, felici di stare insieme ai residui delle antiche vestigia di un Partito Liberale in trionfo. Ma, anche se glielo avessi chiesto, mi avrebbe risposto con un sorriso.

Nel frattempo si spengono le luci su questa fiera per accendersi su un’altra, quella importante della serata che vedeva Dalton MacGuinty come la star principale.

Tutti i giornalisti siamo corsi all’interno della sala. Non certo per ascoltare ciò che diceva in quanto il discorso lo avevamo aveuto in anticipo due ore prime. E poi, anche noi come tutti i cittadini comuni, sappiamo la verità: si dicono tante cose “ma – come mi disse uno stratega politico qualche mese fa – al pubblico dai uno slogan ed il resto dei fogli li riempi dopo, probabilmente dopo le elezioni”.

E cosi, invece del discorso, contiamo quante volte le persone applaudono, o giudichiamo la capacità dell’oratore di farsi credere dalla gente e di “leggere” le emozioni attraverso il teleprompter oppure di raccontare una barzelletta. Di questo passo il migliore leader fra qualche anno sarà Pippo Baudo o Jerry Seinfeld.

Intanto, mentre all’interno della sala i potenziali candidati contavano i voti, gli altri ospiti alle prese col filet mignon o a criticare “quello stronzo seduto al tavolo a fianco”, lasciai la “hall” per raggiungere la sala stampa e scrivere la storia della serata.

Fuori l’atmosfera e' caratterizzata da un silenzio misterioso, si sente solo in lontananza la voce del presidente americano George Bush che ci avverte che la guerra e' più vicina. Quisquilie, dirette Totó.

Mi fermo brevemente a parlare con un collega quando vedo, in lontananza, una persona camminare lentamente, e' fragile, stanca: e' l’ex primo ministro del Canada John Turner che si avvicina lentamente alla scala mobile dello Sheraton. Anche Turner, come Peterson, avrà molte storie sulla politica da raccontare ai suoi nipotini. Turner è un altro che conosce la verità, con la dignifica che ha caratterizzato sempre la sua azione politica, sà che deve presente a queste fiere. Un liberale doc, con la “L” piccola o grande, sa che la famiglia liberale, anche se in questo momento alquanto disastrata, è sempre una famiglia.

Gli chiedo perchè sta' andando via così presto? 

“Devo andare ...Angelo. È tardi, molto tardi.” rispose. 

Non era molto tardi, non era nemmeno tardi, ma anche per un membro fedele come John Napier Turner, il troppo è troppo.

Lo vedo scomparire trasportato in alto dalla scala mobile dello Sheraton. Scala mobile che non mi sembra così gloriosa come qualche ora prima. Anzi mi sembra più la strada che aiutava Dante a risalire dal suo Inferno.

Seguo Turner a rispettosa distanza e poco dopo sono fuori anch’io. Non so perché, ma mi sento sollevato nel vedere un barbone che passa davanti l'entrata dell'albergo: forse perche' lui e' vero.

Attraverso Queen’s Street e vi sono gruppi di bambini schiamazzanti e felici che pattinano sulla pista ghiacciata in Nathan Philip Square. Anche loro sono veri.

Mi accorgo che una “coperta” di meno dieci gradi mi schiaccia il cappotto addosso. Il freddo pungente mi aiuta a svegliare e noto con piacere che anch’io sono fuori “a riveder le stelle”.

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